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Roma ritorna al futuro
| Maddalena Vario | caffè scientifico
Colloquio con Mirella Serlorenzi - SSBAR
Conosciamo da vicino il SITAR, il catasto web delle informazioni archeologiche del territorio metropolitano di Roma che contiene i dati aggiornati relativi a tutti gli interventi realizzati sul territorio di competenza della Soprintendenza dei Beni Archeologici di Roma (SSBAR). Viviamo in un periodo storico caratterizzato da una crescita esponenziale e selvaggia delle nostre città e una conseguente perdita di identità e di funzionalità delle stesse.
La società civile è spesso poco coinvolta nella gestione del territorio, i cantieri di scavo archeologico sono riconosciuti solo per il disagio che causano al traffico cittadino e gestire la pianificazione territoriale, ovvero far sposare il rapido crescere della città moderna con la tutela di resti storici rispettando l’identità del territorio, è un’impresa sempre più difficile specie in una città dal tessuto urbano complesso e articolato come Roma.
Questo accade perché l’accesso alle informazioni archeologiche spesso non è immediato e manca per gli stessi addetti ai lavori un punto di convergenza per poter cooperare concretamente nella “governance” del territorio. Proprio per venire incontro a queste esigenze nasce il SITAR, sistema informativo in continua evoluzione, che ci dà accesso ad una città reale e virtuale insieme, che viaggia su diversi livelli in quanto contiene, per usare una citazione del prof. Giovanni Azzena, “ciò che si vede, ciò che c’è ma non si vede più, ciò che c’è stato ma non c’è più, ciò che si intuisce ci sia e anche ciò che non c’è mai stato”. Ne abbiamo parlato con la dottoressa Mirella Serlorenzi, ideatore e direttore scientifico del progetto.
Dott.ssa Serlorenzi, ci può spiegare cos’è il SITAR e quali sono i suoi principali obiettivi?
Il SITAR risponde a molteplici esigenze: guidare la pianificazione, ricostruire il territorio antico, ordinare le informazioni e renderle accessibili
Potremmo definire il SITAR un catasto web delle informazioni archeologiche del territorio metropolitano di Roma che contiene i dati aggiornati relativi a tutti gli interventi realizzati sul territorio di competenza della Soprintendenza dei Beni Archeologici di Roma (SSBAR). Il sistema dunque è uno strumento che permette la conoscenza e la tutela di ogni bene, la sua contestualizzazione in un quadro storico-topografico e la gestione, a livello territoriale, della conoscenza archeologica, rispondendo a molteplici esigenze, dal guidare la pianificazione territoriale fino allo studio e la ricostruzione del territorio antico della città. Non solo. Altro obiettivo del SITAR è quello di ordinare e standardizzare un’enorme quantità di informazioni e contestualmente di renderle accessibili a tutti. La Soprintendenza infatti quotidianamente deve rispondere a richieste provenienti da liberi professionisti, istituzioni, studiosi e cittadini interessati, che ora possono consultare i dati attraverso dei livelli di accesso differenziati per profilo utente, garantendo così la sicurezza del Sistema Informativo e la riservatezza delle informazioni sensibili.
Il Sistema è accessibile anche dall’esterno, infatti il singolo professionista, accedendo al Web- GIS con un proprio account, oltre ad usufruire di informazioni tecnicoscientifiche utili per la programmazione del suo lavoro, al contempo può contribuire all’implementazione del Sistema inserendo i dati della ricerca che sta svolgendo.
Mirella Serlorenzi
Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Roma
Direttore e responsabile scientifico del Progetto SITAR
In che modo SITAR può aiutare a guidare una pianificazione territoriale della città che garantisca la salvaguardia del patrimonio archeologico?
Innanzitutto, in Italia il concetto di tutela preventiva del patrimonio archeologico è nato in seguito alle intense trasformazioni urbanistiche che hanno avuto inizio alla fine del primo conflitto mondiale e hanno accompagnato la crescita del regime fascista, per poi continuare nei decenni seguenti, dove le ricostruzioni postbelliche prima e il conseguente boom economico hanno portato ad una sempre più diffusa “scomparsa” dei centri storici, distrutti per lasciare il posto ad un nuovo concetto di organizzazione degli spazi urbani.
La Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Roma, che attua la sua missione istituzionale garantendo la salvaguardia del patrimonio archeologico della Città e del suo territorio metropolitano, ha avuto l’esigenza di dotarsi di uno strumento potente come il SITAR per raccordare e accogliere i dati che contribuiscono a guidare la pianificazione territoriale e l’evoluzione urbanistica ed architettonica del centro storico e delle periferie. In particolare, con il nuovo livello logico del Potenziale Archeologico che andrà a completare il sistema, si potranno definire realmente diversi gradi di incidenza del tessuto antico su quello moderno. In pratica si tenterà di comprendere e/o ipotizzare quali possibilità vi siano di intercettare resti antichi in aree non conosciute archeologicamente. La possibilità di conoscere il potenziale archeologico di un’area permette di orientare in modo sempre più efficace la pianificazione territoriale cercando di porre le nuove costruzioni in aree non interessate da presenze archeologiche. Impatto che non sempre è evitabile, ma se conosciuto preventivamente permette di studiare soluzioni atte a richiamare l’antica vocazione di quel territorio, come nel caso di aree agricole antiche che possono essere rievocate, nella città moderna, da aree verdi. Questo consente di salvaguardare l’integrità di determinati contesti facendo in modo che conservino la capacità di “dialogare” con il presente e di inserirsi nel paesaggio attuale trasmettendoci ancora il senso della Storia.
SITAR, Sistema Informativo Territoriale Archeologico di Roma
Nato nel 2007, il SITAR è stato progettato interamente in seno alla Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Roma (SSBAR) in un momento culturalmente fecondo in cui furono create due commissioni ministeriali per stabilire i requisiti minimi per la realizzazione di una vera e propria IDT (Infrastruttura di Dati Territoriali) archeologica, secondo le linee guida tracciate dalla Direttiva Europea INSPIRE.E adesso è consultabile dai cittadini?
Sì, certamente; ad esempio se un cittadino fosse interessato a conoscere le indagini svolte nel proprio quartiere, può accedere al portale SITAR e consultare un set di informazioni base. Al momento si sta lavorando per rendere sempre più user-friendly l’interfaccia di comunicazione del sistema e migliorare i servizi web per agevolare l’interoperabilità e la consultazione sia dell’addetto ai lavori che del turista in visita a Roma.
Infatti è in fase di sperimentazione, su una piattaforma di e-learning, la SITAR knowledgebase sulla quale sono previsti percorsi informativi differenziati a seconda del grado di accesso e dell’utenza a cui sono rivolti. Si sta pensando anche alla realizzazione di applicativi specifici per terminali mobili, sia come strumenti di lavoro per tecnici del settore, sia come mezzi di approfondimento della conoscenza divulgativa. Facendo un esempio, questo si potrebbe tradurre con la possibilità per un qualsiasi utente di passare dal tour virtuale di contesti ipogei di difficile accesso, alla consultazione dei dati generali di cantieri di scavo archeologico di cui spesso si considera solo il disagio che causano al traffico cittadino.
Al momento chi è il principale utilizzatore?
Al momento è utilizzato principalmente dagli addetti ai lavori interni ed esterni alla SSBAR, in particolare dal gruppo di lavoro del SITAR che si occupa dell’immissione dei dati, dai funzionari della Soprintendenza che quotidianamente utilizzano il portale SITAR come strumento di lavoro per il controllo del territorio e da professionisti che operano sul territorio di Roma. È sempre più frequente la visita di professionisti all’interno dell’ufficio SITAR per verificare preventivamente le presenze archeologiche nelle aree dove sorgeranno nuove costruzioni e interagire direttamente con i funzionari responsabili per impostare le nuove pianificazioni.
Quanto pesa la parte tecnologica in un sistema come il SITAR?
PALAZZO MASSIMO
Il Palazzo Massimo a Roma è sede del Museo Nazionale Romano ed ospita gli uffici della Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Roma. Grazie al doppio collegamento in fibra ottica ad alta capacità con la rete GARR, è possibile gestire con elevata affidabilità l'enorme mole di informazioni contenute nel SITAR.Come si evolverà il SITAR?
Oltre ad uno strumento di tutela, il SITAR costituisce a tutti gli effetti una base per la ricerca scientifica che potrà accogliere tutta una serie di altre informazioni relative a materiali archeologici (ceramica, statuaria, pittura, epigrafi, ecc.), a fonti storiche e bibliografiche, a studi di dettaglio su singoli monumenti o contesti, a ricostruzioni di paesaggi o edifici. Si tratta però di una quantità di informazioni molto articolate e complesse, che richiederanno anni di lavoro per un gruppo consistente di persone. Il Sistema, che ha un potenziale di sviluppo infinito e straordinario, dovrà evolvere per diventare un veicolo di nuova e sempre più approfondita conoscenza.
Cosa sarà per la città di Roma il SITAR tra dieci anni?
Tra dieci anni, quando ci auspichiamo di aver digitalizzato tutto le informazioni pregresse, il SITAR sarà lo strumento imprescindibile per la conoscenza archeologica della Città, diventando il mediatore tra la cultura storico- archeologica e la società civile. I cittadini, consultando il Sistema potranno comprendere in maniera chiara e immediata le valenze culturali del luogo che abitano e frequentano; potranno interagire, suggerire, decidere e partecipare nella gestione del territorio, in modo da rendere più diffusa la consapevolezza che la valorizzazione del nostro patrimonio culturale rappresenta oggi il valore aggiunto per sostenere un equilibrato sviluppo socio-culturale ed economico. In altre parole, l’obiettivo ultimo è quello di accrescere la conoscenza dell’assetto storico-culturale del territorio, conoscenza che diviene un elemento di rilievo per una progettazione condivisa, in modo che, finalmente, il tanto temuto rischio archeologico si possa chiamare con tranquillità potenziale archeologico.
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