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Un laboratorio grande come la Sicilia

Un laboratorio grande come la Sicilia

| Carlo Volpe | caffè scientifico
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Dalla costa fino a 3 km di profondità, al centro del Mediterraneo la sfida di IDMAR: realizzare il laboratorio distribuito per la ricerca marina più esteso d’Europa

foto di Giacomo Cuttone

Giacomo Cuttone, coordinatore di IDMAR, ha guidato i Laboratori Nazionali del Sud dell’INFN dal 2011 fino al 2019

La collaborazione scientifica oggi in atto in Sicilia tra gli enti di ricerca ha una storia antica e un’origine del tutto naturale. Si tratta di un esempio di come la spinta dal basso dei ricercatori e la visione strategica dei vertici si armonizzi alla perfezione.

Dal punto di vista scientifico, la Sicilia, posizionata all’incrocio di due faglie e con una ricca presenza di vulcani anche sottomarini, presenta caratteristiche geofisiche uniche nel panorama europeo e mondiale. È anche per questo che ha da sempre richiamato moltissimi scienziati in tanti filoni di ricerca: dallo studio dell’ambiente marino costiero alle profondità più sconosciute, dalla geofisica all’astronomia dei neutrini, passando per la biologia marina e le previsioni di tsunami. Sono solo alcuni dei diversi campi disciplinari che oggi sono accomunati dal progetto IDMAR, che coinvolge tre grandi enti italiani come INFN, INGV e CNR con l’obiettivo di mettere a disposizione infrastrutture condivise e competenze complementari per migliorare la competitività della ricerca nazionale.

L’esigenza era di condividere le infrastrutture essenziali per la ricerca, sia attrezzature scientifiche che piattaforme digitali

Per conoscere più da vicino le fasi di sviluppo del progetto, i primi risultati e l’impatto che avrà non solo in termini scientifici, ma anche economico-sociali, abbiamo intervistato il coordinatore di IDMAR, Giacomo Cuttone, che ha guidato i Laboratori Nazionali del Sud dell’INFN dal 2011 fino al 2019.

Come è nata l’avventura di IDMAR? A quale esigenza risponde?

Il progetto è un po’ il coronamento di una sinergia che è in corso da diversi anni. Sul territorio siciliano ci sono diversi laboratori all’avanguardia per studiare l’ambiente marino. Ci sono infrastrutture di ricerca di rilevanza internazionale come EMSO, che è diventata una ERIC nel 2016, e come KM3Net che lo diventerà presto.Queste due infrastrutture sottomarine cablate sono tra le più avanzate in Europa e nel mondo e sono state senza dubbio il traino per il progetto IDMAR.

Schema della complessa architettura di cavi sottomarini di Km3Net che permette di inviare i dati raccolti dai sensori installati su torri a 3 km di profondità al centro di calcolo di Portopalo di Capo Passero, in provincia di Siracusa

Oltre a INFN e INGV, coinvolti in queste due iniziative, sul territorio ci sono diversi laboratori e istituti di ricerca del CNR che a loro volta hanno una grande importanza per lo studio dell’ambiente marino costiero.

In questo panorama, l’esigenza naturale era quella di massimizzare la condivisione delle infrastrutture essenziali per l’avanzamento della ricerca. Parliamo sia di attrezzature scientifiche (laboratori, osservatori cablati, sensoristica) che di infrastrutture digitali.

Grazie ad investimenti mirati fatti nel corso degli ultimi anni, questi laboratori sono già tutti interconnessi alla rete della ricerca GARR e quindi dotati di altissime capacità di trasmissione dati. Con il progetto IDMAR i laboratori saranno potenziati e si riuscirà a costruire un sistema distribuito di infrastrutture per il monitoraggio e lo sviluppo sostenibile dell’ambiente marino davvero unico, con tecnologie e servizi innovativi.

La rete cablata di osservatori e rilevatori acustici sottomarini permette di identificare tempestivamente eventuali terremoti o tsunami anche molto distanti

Com’è finanziato il progetto e quali sono i principali interventi?

Il progetto ha un valore di 40 milioni di euro, finanziati per metà dalla Regione Siciliana nell’ambito del PO FESR 2014- 2020 e il restante 50% dagli enti stessi: INFN che è il coordinatore, INGV e CNR. Le sedi coinvolte sono quelle di Portopalo, Catania, Milazzo, Palermo e Capo Granitola.

I nodi di Portopalo e Catania vedranno il completamento delle infrastrutture terrestri e sottomarine di EMSO e KM3Net. In particolare, verrà potenziato un laboratorio di ricerca a Portopalo che ospiterà i sistemi di alimentazione e acquisizione dati delle infrastrutture sottomarine e verrà realizzata una dorsale tecnologica, unica nel Mediterraneo, in grado di permettere la connessione a profondità abissali di decine di strutture di rilevamento e ricerca in real time dell’ambiente marino profondo.

A Palermo, l’INGV avrà a disposizione una sede all’avanguardia dotata di laboratori di meccanica ed elettronica, che permetteranno lo sviluppo di nuovi sistemi di monitoraggio in real time dell’ambiente marino profondo. A Milazzo, invece, sempre l’INGV potrà contare su nuove piattaforme di monitoraggio sia per attività programmate che per campagne straordinarie (ad esempio monitoraggio antinquinamento, campagne di rilievi acustici sottomarini). Nel nodo di Capo Granitola del CNR-IAMC, invece, verrà realizzata un’infrastruttura per misure di acustica marina costituita da una vasca di 10 metri di profondità e da un laboratorio di acustica a supporto. La conclusione delle attività del progetto era prevista per dicembre 2020 ma, purtroppo, la pandemia ha bloccato drasticamente le operazioni, in particolare quelle relative alle costruzioni edili e alle attività di posa di cavi e sensori in mare. Bisogna considerare che queste ultime attività, inoltre, hanno dei vincoli stagionali e climatici per poter esser svolte e quindi non sarà semplice recuperare il ritardo.

Avete però già raggiunto dei risultati dal punto di vista scientifico...

Ce ne sono diversi, perché sono molte le ricerche che beneficiano di questi laboratori. Dal punto di vista della fisica, KM3Net ci permette di studiare elementi chiave per l’astronomia multimesaggera come l’esplosione delle stelle di neutroni, sfruttando l’acqua come scintillatore e i sensori acustici per tracciare geometricamente i neutrini ad altissima energia.

In geofisica, possedere una rete cablata di osservatori e rilevatori acustici sottomarini significa riuscire a identificare tempestivamente eventuali terremoti o tsunami anche molto distanti da noi. Vuol dire inoltre raccogliere una grandissima quantità di dati e soprattutto in modo continuativo.

Avere delle grandi orecchie in profondità, inoltre, ci dà informazioni importanti anche sull’inquinamento acustico nei mari, che è un fattore di rischio elevato e tenuto ben in considerazione nella Marine Strategy europea, ovvero il piano strategico elaborato per la difesa dell’ambiente marino.

A volte i risultati sono trasversali tra discipline. Ad esempio, grazie ai rilevatori acustici è stato possibile captare il passaggio di alcuni capodogli e determinarne anche la stazza. Ciò ha un impatto non solo sulla ricerca dei biologi marini, ma anche dal punto di vista economico- sociale. A partire da questi dati sui cetacei, infatti, attraverso dei modelli matematici, è possibile ricostruire una catena alimentare più estesa ed avere informazioni anche su altre famiglie, come quella dei tonni rossi che popolano il Mediterraneo, ad esempio, e fornire indicazioni utili per definire le quote di pesca sostenibile.

Dettaglio del veicolo di lancio visto dall’alto. Si nota un modulo ottico all’interno e il cavo di backbone a zigzag da un passacavi all’altro.

Tutte queste informazioni viaggiano in rete. Qual è il ruolo delle infrastrutture digitali?

È fondamentale. Un laboratorio così distribuito è possibile solo grazie ad una connessione affidabile e veloce come quella fornita da GARR. Da questo punto di vista la dotazione che abbiamo in Sicilia è superiore a tante altre regioni italiane. Ci sono posti come Portopalo di Capo Passero, ad esempio, dove non è per nulla scontato avere connettività in fibra ottica a 20 Gbps (ma già pronta ad arrivare a 100 Gbps). Parliamo di un posto lontano dai grandi centri abitati: a 120 km da Catania e a circa 60 km dal più vicino capoluogo.

L’investimento è anche sui centri di calcolo: per KM3Net potremmo avere un Tier 0 direttamente in Sicilia in grado di inviare dati ai centri del CNAF a Bologna e del CNRS a Lione. Stiamo raddoppiando il centro di calcolo oggi già attivo a Portopalo ed avremo al termine del progetto ben 48 rack per ospitare i server destinati alla acquisizione e analisi dei dati e alla loro archiviazione su dischi e nastri. Si tratta di una struttura imponente necessaria per analizzare la grande mole di dati che gli esperimenti di KM3Net e EMSO producono.

Tale assetto tecnologico è importantissimo per la valorizzazione delle attività di ricerca anche a livello internazionale. I nostri dati sono accessibili in qualsiasi momento da tutti i ricercatori del mondo e per questo i nostri laboratori hanno un’altissima attrattività. Solo per fare un esempio, abbiamo già due ricercatori (uno inglese e uno francese) che hanno chiesto di svolgere l’attività da noi con un finanziamento ERC (European Research Council). Senza contare che, anche in un periodo di lockdown, tutte le operazioni scientifiche sono state svolte in modo continuativo da remoto, avendo la possibilità di controllare le attrezzature a distanza.

A Portopalo, molto distante dai grandi centri abitati, non è scontato avere connettività fino a 100 Gbps

Crescere in competitività dunque ha un valore non soltanto scientifico...

Esattamente. Ci interessano gli aspetti scientifici dei nostri ambiti di ricerca, ma è innegabile che un progetto del genere abbia ricadute anche sul territorio. Uno studio del Dipartimento di Economia dell’Università di Catania ha stimato che per ogni euro investito nel progetto c’è un ritorno economico di 1,5 euro, sia in modo diretto, in termini di occupazione e crescita di aziende locali, sia indiretto con la logistica, la ricettività.

Inoltre c’è da considerare la crescita in termini di competenze. Ne abbiamo un esempio proprio in questi giorni: in piena emergenza Covid-19 è stato possibile attingere al bagaglio di conoscenze sviluppate in altri contesti (essendo abituati a lavorare in ambienti con grandi differenze di pressione) per realizzare, in pochi giorni, un laboratorio di test per la misurazione della filtrazione batteriologica delle mascherine chirurgiche e di altri dispositivi medici secondo gli standard previsti dall’Istituto Superiore di Sanità.

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