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L’università si riscopre online
credit: Crui

L’università si riscopre online

| Carlo Volpe | la voce della comunità
Articolo letto 2402 volte

Soluzioni d’emergenza, scelte strategiche e l’importanza delle competenze tecniche. Come ha reagito l’università italiana alla prova della pandemia

La didattica a distanza ai tempi dell’emergenza Covid-19 è stato uno degli argomenti più dirompenti degli ultimi mesi. In pochissimo tempo, improvvisamente si è concretizzato tutto ciò che aveva sempre stentato a decollare, nonostante ci fossero quantità di studi ed esperienze pluriennali di insegnamento da remoto in ambito accademico e non.

L’università italiana è stata messa a dura prova da un cambiamento così repentino e globale. Al tempo stesso però, è stata tra i settori che ha reagito meglio e più rapidamente, grazie ad una serie di fattori importanti come la qualità degli investimenti fatti sulla connettività di rete e le elevate competenze dei tecnici che operano sulle infrastrutture digitali e sui servizi informativi.

Convertire online in pochi giorni non solo migliaia di ore di lezioni, di esami e di discussioni di tesi, ma anche il lavoro di tutto il personale amministrativo ha richiesto infatti un notevole impegno, che ha portato però a risultati eccezionali.

Il traffico cambia direzione: +60% in upload

Dal punto di vista della connettività, le università italiane sono state un indicatore eloquente di come il traffico sia cambiato in conseguenza del lockdown. In controtendenza rispetto ai flussi abituali del traffico, infatti, già dai primi giorni di marzo si è notata un’inversione delle direttrici: i dati in upload hanno superato spesso quelli in download senza che la qualità della connessione ne abbia risentito minimamente. Questo è stato possibile grazie al vantaggio di avere a disposizione la rete GARR, perfettamente simmetrica e già ampiamente progettata per reggere un carico elevato in entrambe le direzioni.

Solo considerando la prima settimana di chiusura degli atenei, l’accesso da remoto degli studenti agli streaming video delle lezioni e ai vari contenuti disponibili online, ha generato un aumento del traffico in upload sulla rete GARR pari al 60% rispetto alla media annuale. Per più di un milione e mezzo di studenti, oltre il 90% dei 76 mila insegnamenti previsti nel secondo semestre sono stati erogati a distanza in modalità sincrona, con sistemi di videoconferenza dove gli studenti hanno avuto la possibilità di interagire per fare domande e approfondimenti. La situazione di emergenza ha quindi fatto risaltare, come mai fino ad ora, l’essenzialità della rete e l’importanza di averne un pieno controllo in modo da monitorarne gli andamenti e progettarne tempestivamente gli sviluppi.

In controtendenza, il Politecnico di Torino ha offerto una soluzione open source e di successo per la didattica a distanza

In particolare, alcuni atenei hanno registrato numeri importanti: Politecnico di Torino (+183% di traffico in upload rispetto alla media annuale e con picchi di oltre 3 Gbps), Università di Milano (+185%), Università di Siena (+231%), Università di Trieste (+185%) e poi ancora le Università di Torino, Firenze, Verona, Padova, Palermo, Parma, Pisa e la Cattolica di Milano.

Didattica e lavoro da remoto

Analizzando i flussi di traffico ci si accorge che i valori non sono determinati solo dalla didattica. Ce lo racconta Giancarlo Galluzzi, responsabile dell’Ufficio Architettura di Rete dell’Università di Milano, che ha dovuto gestire il passaggio da una situazione ordinaria in cui c’erano solo una ventina di collegamenti in VPN (reti virtuali private, per consentire l’accesso da remoto alla rete interna dell’organizzazione) ad una in cui, con la chiusura degli uffici, sono state richieste circa 850 connessioni. “L’ingente incremento di traffico registrato dall’Università di Milano”, ci spiega, “è dovuto solo per il 60% alla fruizione delle lezioni, il restante 40% è dato dal lavoro da remoto. Riuscire a realizzare una tale transizione al digitale in poco tempo è possibile solo se ci sono investimenti in risorse, ma soprattutto in personale e competenze, fatti adeguatamente per tempo, non si possono improvvisare. La situazione di oggi ci dimostra in modo inequivocabile il ruolo cruciale dell’ICT, ma troppo spesso negli ultimi anni abbiamo assistito ad una carenza di sensibilità a riguardo che ha inevitabilmente impoverito i nostri atenei, finendo per assottigliare la possibilità di fare scelte autonome e consapevoli sul piano tecnologico”.

Quando la spinta innovativa degli atenei viene rallentata, la conseguenza è che diventa inevitabile fare ricorso ai grandi provider commerciali, facendosi allettare da un (spesso solo apparente) risparmio dei costi. Lo abbiamo osservato nella scelta delle università riguardo le piattaforme utilizzate per la didattica a distanza. Un report del Gruppo ICT della Conferenza dei Rettori (CRUI) presentato il 31 marzo ha evidenziato come la maggior parte degli atenei abbia adottato i prodotti di grandi player, per lo più americani: su tutti Microsoft Teams, seguito da Google Meet e Cisco Webex. Soluzioni facilmente alla portata delle università, in particolare quella di Microsoft, disponibile all’interno dell’accordo quadro nazionale per il servizio Office 365 negoziato dalla CRUI.

La scelta open del Politecnico di Torino

In controtendenza e degno di essere raccontato è, invece, il caso del Politecnico di Torino che ha optato per una strada diversa e completamente open source. Grazie ad un lavoro di progettazione della didattica a distanza che parte da molto lontano, il Politecnico dispone ora di una piattaforma basata sul software open source BigBlueButton. L’installazione, in uso da circa 10 anni, era fino ad ora limitata a poche classi, ma l’emergenza ne ha reso necessario l’utilizzo massivo facendo balzare i numeri fino a circa 700 lezioni al giorno con picchi di oltre 18.000 connessioni quotidiane.

grafico dei dati di valutazione del servizio di didattica a distanza del Politecnico di Torino

I dati di valutazione del servizio di didattica a distanza del Politecnico di Torino confermano l’alta soddisfazione da parte degli studenti

A raccontarci qualche dettaglio in più è Enrico Venuto, responsabile del Servizio Infrastrutture IT di Ateneo. “Al Politecnico abbiamo puntato su un sistema progettato e gestito interamente inhouse, principalmente per la possibilità di avere massima autonomia e velocità nell’adattarlo alle nostre esigenze, senza dover essere invece costretti ad adeguare e ridurre la didattica entro limiti e rigidità di prodotti e servizi di terzi. La soluzione è scalabile in base alle necessità e questo ci ha permesso di essere pronti nell’emergenza. Ma questa scelta è anche il frutto di una precisa volontà di puntare sulle competenze interne e sullo sviluppo di soluzioni aperte”.

“BigBlueButton, oltre ad essere un buon sistema open di webconference, è progettato in maniera specifica per la didattica” ci spiega Venuto. “Lo vediamo, ad esempio, per alcune sue caratteristiche peculiari spesso non presenti in altri sistemi analoghi: la possibilità di caricare una presentazione su cui “disegnare e pasticciare”, una lavagna condivisa su cui tutti possono scrivere, la funzione di registrazione semplice e nativa, la possibilità di creare sottoclassi per lavoro a gruppi, una ricca dotazione di API per l’integrazione con altri sistemi (soprattutto LMS quali, ad esempio, Moodle o altri analoghi)”.

BigBlueButton si è rivelata dunque una scelta molto versatile, perché accessibile tramite browser in qualsiasi sistema operativo sfruttando il protocollo WebRTC e senza necessità di componenti aggiuntive. Il software permette inoltre di ottimizzare l’uso della banda, un fattore importante da considerare visto che spesso gli studenti si connettono da aree in digital divide con una scarsa capacità. Le statistiche di valutazione, disponibili pubblicamente sul portale della didattica dell’ateneo, mostrano un livello alto di soddisfazione da parte degli studenti: circa il 75% ha valutato il servizio con 4 o 5 stelle.

grafico del traffico

A fronte della riduzione del traffico in download dalla rete GARR, il traffico in upload è aumentato del 60% già dalla settimana del 9 marzo, quando sono iniziate le lezioni a distanza

Quali risorse tecnologiche

“Vista la rapidità con la quale abbiamo dovuto operare” racconta Enrico Venuto, “le macchine fisiche in uso non sono state dimensionate appositamente per questo servizio, ma sono state “prese in prestito” e adattate da progetti di HPC, BigData e AI. Abbiamo utilizzato un cluster di 8 server fisici con 50 server virtuali composti ognuno da 16 vCPU , 32 GB di RAM e 550 GB di Disco (50 GB sistema + 500 GB per le registrazioni). Monitorando le statistiche di utilizzo abbiamo visto come il sistema abbia supportato tranquillamente 6.000-7.000 connessioni simultanee. Tali risultati sono stati resi possibili anche grazie alla rete GARR cui siamo connessi, che ha retto perfettamente il notevole incremento del traffico in uscita ed ha consentito a tutti di accedere alle lezioni ed ai materiali senza problemi di performance o di disponibilità”.

La possibilità di virtualizzare i server e distribuirli geograficamente e ampliarli a piacimento, rende l’esperienza torinese di grande rilevanza per riprodurla in altre situazioni, magari anche su scala nazionale. Facilità di installazione e natura aperta del software rendono infatti questa soluzione ideale per poter dotare gli atenei di una propria piattaforma da poter gestire e controllare direttamente sull’infrastruttura locale senza dover dipendere da cloud commerciali.

Ovviamente, la speranza è che quanto appreso forzatamente in questi mesi, sia dal punto di vista tecnico che organizzativo, non si disperda immediatamente e che sia possibile concepire una didattica innovativa combinando sapientemente la modalità in presenza con le possibilità offerte dal digitale. In un tale contesto futuro, è importante che l’università torni ad avere un ruolo da protagonista, fungendo da traino per l’innovazione, a partire dal settore informatico, grazie ad una ritrovata consapevolezza del proprio potenziale.

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