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Intelligenza artificiale in classe
| Fabrizio Venerandi | la voce della comunità
L’IA come stimolo per l’insegnamento di nuove competenze
Entrando in classe, tra banchi disposti per lezioni frontali, orari modellati su ritmi più adatti all'organizzazione che alla didattica, connessioni non sempre stabili e nessun apparato informatico in dotazione a ragazzi, l’intelligenza artificiale può sembrare un elemento del tutto estraneo alla scuola italiana.
È il singolo docente o la singola scuola a integrare e sperimentare didattiche alternative rispetto a quelle tradizionali.
Non che manchi in molti docenti l'attenzione verso l’IA: la narrazione della scuola che resta indietro rispetto alle novità dell’informatica o del mercato è spesso viziata da stereotipi o generalizzazioni. Accanto a docenti che sono a disagio con la tecnologia, ce ne sono altri che vivono senza problemi l’idea di una didattica “nativamente” digitale.
Quello che è vero è che difficilmente questo atteggiamento è sistemico: è il singolo docente o la singola scuola a integrare e sperimentare didattiche alternative rispetto a quelle tradizionali.
L’IA - da questo punto di vista, è entrata a scuola da due direzioni diverse. Da un lato è arrivata “di nascosto” dal basso: gli studenti hanno iniziato ad utilizzarla per farsi aiutare nell’esecuzione dei compiti, delegando a chatGPT la scrittura di testi di narrativa, la risposta a questionari e addirittura la creazione di codice informatico.
Si tratta di un uso dell’IA disordinato e predatorio, spesso senza avere consapevolezza di quello che si sta facendo. Soprattutto è un utilizzo “passivo” dell’IA a cui vengono delegati compiti che non aiutano in alcun modo lo studente e la sua creatività.
L’altra direzione è quella nel mondo docente: accanto a insegnanti che hanno guardato con sospetto all’IA, anche per l'uso smaliziato che gli studenti hanno iniziato a farne, c'è stata la curiosità e l'interesse di altri: corsi di aggiornamento, anche interni alle singole scuole, per capire il funzionamento generale delle macchine probabilistiche, i possibili rischi, i limiti e le potenzialità.
In questo articolo vorrei condividere alcuni possibili percorsi di utilizzo virtuoso dell'intelligenza artificiale in classe, specie per quel che riguarda le materie umanistiche che sono state tra le prime “vittime” dell'uso predatorio degli studenti: riassunti, temi e in genere elaborazione dei testi hanno iniziato a essere segretamente composti grazie a macchine probabilistiche come chatGPT.
In primo luogo bisogna mettere in chiaro con i ragazzi le caratteristiche di una intelligenza artificiale generativa come chatGPT, senza avere paura di mostrarne le capacità di scrittore, soprattutto perché spesso gli studenti la usano confondendola con altri strumenti come il motore di ricerca di Google o Bing (confusione aumentata dal fatto che i principali motori di ricerca hanno integrato le IA all’interno del loro software).
È quindi bene spiegare come questi software non dicano la verità, ma creino risposte coese e coerenti con il prompt dato dallo studente, appoggiandosi su un’addestramento, su una “temperatura” casuale e su funzioni probabilistiche. L’uscita che dà l’intelligenza artificiale non è “vera” ma “verosimile”, il che - se l’IA è usata in maniera inconsapevole - può essere disastroso per lo studente.
È bene invece valorizzare la parte creativa di questi strumenti che sono veri e propri macchinari per la generazione di testi e di immagini.
Alcuni esempi di possibili laboratori/compiti da effettuare in classe: possiamo prendere la trama di un racconto già visto con gli studenti, ad esempio Rosso Malpelo di Verga, e chiedere agli studenti di far generare all’IA un “nuovo” racconto di Rosso Malpelo a partire dalla trama, raffinando successivamente le uscite dell’IA in modo che si avvicinino il più possibile allo stile dello scrittore preso in esame. Per Verga si potrebbe chiedere di fare scomparire lo scrittore, di usare il discorso indiretto libero, spiegando come applicarlo praticamente, di evitare riflessioni personali dell’io narrante o del narratore onnisciente e così via. In questo modo l’uso dell’IA non sarebbe un escamotage per delegare una produzione scritta, ma un metodo per applicare le proprie conoscenze dello scrittore, creare nuove competenze nella stesura dei prompt, per ottenere un risultato didatticamente valido.
Centrale è mostrare agli studenti lo stato dell’arte di questi software in modo che non rimangano storditi dalle loro possibilità
Altro ambito interessante è quello del cambio di ambiente: chiedere, ad esempio, a chatGPT di riscrivere l’Ulisse di Joyce come se fosse un gioco da tavolo o La metamorfosi di Kafka come se fossero carte da gioco Pokemon e poi provare con gli studenti a realizzare davvero un gioco che parta dai presupposti, magari incoerenti, dell’IA per arrivare a una versione da utilizzare in classe.
Si tratta di esercizi che rientrano anche all’interno della didattica orientativa, quando emergano competenze trasversali non strettamente legate al settore umanistico, ma che includano logica, creatività grafica, impaginazione e che favoriscano il lavoro di gruppo e la collaborazione.
Un altro esempio di didattica orientativa è quello di usare una IA generativa orientata alla creazione di immagini chiedendo agli studenti di trasformare una storia vista in classe in un fumetto a vignette. Il secondo canto dell’Inferno o La vergine cuccia possono diventare pretesti per proporre agli studenti di trovarne gli snodi chiave, esercitarsi con dall-e, Midjourney o altra IA generativa per scrivere prompt sempre più efficaci al fine di ottenere tavole su cui, con un programma di impaginazione o grafica, sintetizzare dialoghi o didascalie. I fumetti possono poi essere letti in classe, confrontati, analizzando la fedeltà al testo o l’eventuale reinvenzione in chiave parodica.
Credit immagini: studenti delle classi 3C e 4BS dell’Istituto Superiore Statale Majorana-Giorgi di Genova
Gli esempi possono essere ancora molti: quello che è centrale è mostrare agli studenti lo stato dell’arte di questi software in modo che non rimangano storditi dalle loro possibilità, che non confondano le cosiddette “allucinazioni” con qualcosa di affidabile dal punto di vista della validità della fonte, e soprattutto capiscano la straordinarietà di questi strumenti quando li si utilizzi come tali.
Non sappiamo cosa succederà effettivamente al mondo del lavoro man mano che le IA prenderanno spazio, abbiamo letture apocalittiche e integrate, come spesso accade. Non credo che la scuola debba demonizzare questi nuovi software né minimizzarne la portata ma neppure mitizzarli in maniera indiscriminata. Un buon inizio è non fingere che non esistano o stigmatizzarli per l’utilizzo nascosto che gli studenti ne fanno.
I docenti devono invece sfruttarli, portarli in classe, integrarli nella propria didattica in modo che i ragazzi inizino a lavorare con loro, ne riconoscano punti di forza e limiti, si appassionino al loro utilizzo anche al di fuori del mondo scuola.
Perché fuori, nel mondo reale, le IA stanno prendendo spazi sempre più importanti ed è essenziale che la scuola non perda il proprio impegno di formazione, coniugando il sapere che viene dall’esperienza del passato con lo sguardo verso un futuro che è in continua e frenetica mutazione.
Fabrizio Venerandi
È scrittore, poeta e programmatore. Con Alessandro Uber ha scritto nel 1989 il primo videogioco multiutente online italiano, Necronomicon. Ha pubblicato testi di narrativa, poesia, saggistica e diversi lavori di letteratura elettronica.
Tra i più recenti, Poesie Elettroniche (2016), Mens e il regno di Axum (2018), Guida all’immaginario nerd (2019), Il mio prossimo romanzo (2017), PÈCMÉN (2020), Il meccanismo della forchincastro (2021), Niente di personale (2021), Il mostro di fine livello (2023).
Con Maria Cecilia Averame ha dato vita nel 2010 alla casa editrice Quintadicopertina, pubblicando in particolare testi di narrativa interattiva e sperimentale. Con il collettivo bib(h)icante dal 1999 ad oggi è autore e performer di testi di poesia polivocalica.
Ha insegnato progettazione ebook multimediali al Master di Editoria della Cattolica di Milano ed è docente di materie umanistiche nella scuola secondaria.
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