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Malattie cardiovascolari

Malattie cardiovascolari: controllare i fattori di rischio da oggi si può

| Maddalena Vario | caffè scientifico
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Dalla Rete Cardiologica italiana un’app personalizzata direttamente sul proprio smarthphone per la prevenzione e la riduzione dei fattori di rischio

foto della professoressa Elena Tremol

La professoressa Elena Tremoli, responsabile del Progetto Prevital, ha ricoperto la carica di presidente della Rete Cardiologica fino a novembre 2019

Il graduale invecchiamento della popolazione e l’elevata mortalità delle malattie cardiovascolari, che rappresentano la principale causa di morte in tutto il mondo con 17,9 milioni di casi ogni anno (pari al 31% di tutti decessi) pongono alla medicina sempre nuove sfide.

L’app invierà al paziente messaggi personalizzati in base al profilo di rischio per intervenire in modo divertente e leggero per migliorare il suo stile di vita

In Italia, per far fronte a questa complessità crescente,il Ministero della Salute ha promosso la creazione della Rete Cardiologica, che comprende 20 Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico (IRCCS) ed è ad oggi il più grande network di ricerca italiano in ambito cardiovascolare, che si è costituito nel 2017, per favorire la cooperazione tra questi ospedali che rappresentano una rete di eccellenza unica in Europa e nel mondo. Esempio evidente di collaborazione virtuosa, si basa sull’idea forte di mettere a fattor comune competenze specifiche e risorse in modo da ottenere un effetto scientifico moltiplicativo, creare innovazione e raccogliere fondi grazie alla partecipazione a diversi progetti

Collegata alla rete GARR attraverso i 20 Istituti che ne fanno parte, la Rete Cardiologica è presente in tutta Italia, dalla Lombardia fino alla Sicilia, e punta a favorire la realizzazione di piattaforme comuni di ricerca sperimentale e clinica, il miglioramento delle cure e la formazione scientifica. In particolare, si occupa di realizzare progetti e attività che, in alcuni casi, hanno come requisito essenziale quello di poter condividere e gestire in rete un’enorme mole di dati nel pieno rispetto della privacy del paziente, come ad esempio Prevital, il progetto di ricerca sulla prevenzione dello scompenso cardiaco e della cardiopatia ischemica ed altre attività di tipo trasversale, che riguardano invece la realizzazione di Biobanche diffuse, contenente i campioni biologici relativi agli studi della Rete, e la creazione di imaging bank comuni tra gli IRCCS.

Ne abbiamo parlato con la professoressa Elena Tremoli, responsabile del Progetto Prevital, oltre che responsabile dell’area Prevenzione del Centro Cardiologico Monzino e presidente uscente della Rete Cardiologica (è stata presidente fino a novembre 2019).

La Rete Cardiologica sta portando avanti diversi progetti, tra cui Prevital, di cui lei è responsabile. Di cosa si tratta?

Il progetto Prevital si basa sul concetto della prevenzione e toccherà da vicino molti di noi. In particolare si propone di sviluppare un modello innovativo di prevenzione primaria cardiovascolare per accompagnare con mano il cittadino a conoscere che vuol dire prevenire e fare in modo che ciò diventi parte integrante della sua vita.

Il dibattito sulla prevenzione dura da anni, in quanto nella maggior parte dei casi non si riesce a realizzarla su larga scala per via dei costi, ma allo stesso tempo numerosi studi dimostrano quanto sia essenziale, non solo nelle malattie cardiovascolari. Tra l’altro, mai come in questo periodo, può fare la differenza per tutti quei soggetti con più caso di positività al Covid.

Prevital, che è stato finanziato dal Ministero della Salute con una somma complessiva pari a 10 milioni di euro, crea un modello di prevenzione interattivo che può essere applicato a tutta la popolazione e utilizza risorse di tipo digitale per fare in modo che tale modello sia sostenibile a livello di costi.

Stiamo lavorando alla creazione di una banca immagini comune tra gli IRCCS gestita con piattaforme che usano tecniche di intelligenza artificiale

Come opera il progetto?

Il progetto coinvolge 14 IRCCS della Rete coinvolti in ricerche di prevenzione primaria ed opera in maniera molto capillare, prevedendo l’arruolamento di oltre 50.000 soggetti in tutta Italia e l’utilizzo di un’applicazione scaricabile su smartphone. Un ruolo chiave lo svolgeranno i medici di base che raccoglieranno negli ambulatori informazioni sulla storia clinica dei loro pazienti.

L’app invierà ai partecipanti allo studio messaggi periodici, personalizzati sulla base del profilo di rischio e di caratteristiche socio economiche, con l’obiettivo di intervenire in maniera leggera e divertente sul loro stile di vita, tramite giochi, quiz, domande mirate, in modo che il paziente stesso possa giorno per giorno sentirsi seguito e capire quali piccoli o grandi accorgimenti adottare per migliorare il suo stile di vita e più in generale la sua attitudine alla vita. Una dieta povera, poco movimento, stress e preoccupazioni sono infatti tutti fattori che possono creare un terreno fertile all’insorgere o al peggioramento della malattia cardiovascolare e un’app amica che, con leggerezza, inviti sia a porre attenzione ad alcuni parametri del cosiddetto wellbeing (dall’attività fisica, che in tanti casi può aiutare in maniera determinante proprio come fosse un farmaco, al tipo di alimentazione) sia a correggere le proprie attitudini, può davvero fare la differenza.

Il problema della prevenzione, infatti, riguarda i costi ma non solo, dato che spesso sono le cattive abitudini ad essere difficili da scardinare. Di solito, il paziente segue le indicazioni che gli vengono suggerite solo per i primi mesi, poi tende a riprendere il suo vecchio stile di vita. È per questo che ricordargli cosa è meglio per lui, suscitare il suo interesse e in seguito premiarlo per i suoi successi, può avere nella maggior parte dei casi dei tangibili effetti positivi. Dal progetto, ci aspettiamo di registrare dopo un anno una riduzione dei fattori di rischio, mentre a tempo intermedio, ci aspettiamo una riduzione degli stessi eventi.

Il supporto della rete GARR è fondamentale per l’interconnessione dei diversi centri e per le risorse con le quali gestiamo i nostri dati

A quali soggetti è rivolto il progetto?

Il progetto è rivolto a tutti i soggetti di età superiore ai 45 anni e questa scelta è stata fatta perché oltre questa età vi può essere un maggior rischio di eventi cardiovascolari. Tuttavia in futuro è auspicabile che questo tipo di interventi di prevenzione siano diretti anche a soggetti più giovani. Si sente spesso dire che i giovani sono “protetti” nei confronti delle malattie cardiovascolari, in realtà questo dipende dal fatto che nella maggior parte dei casi i fattori di rischio di malattia cardiovascolare non hanno ancora generato danni importanti solo perché non c’è stato il tempo. Di certo la storia familiare e il rischio genetico, fattori non modificabili, giocano un ruolo altrettanto determinante nella definizione del rischio cardiovascolare di un individuo, ma non dobbiamo mai dimenticare che le buone abitudini di vita ed il controllo dei principali fattori di rischio possono essere fondamentali nel ridurlo. È indubbio che imparare a conoscere e a controllare noi stessi per quanto riguarda i fattori di rischio possa fare un’incredibile differenza per quanto concerne la nostra vita in salute.

Sarebbe opportuno, quindi, che la prevenzione entrasse nella vita di ciascuno di noi fin dalla prima infanzia, o dalla scuola, perché quando il cuore ed i nostri vasi sono sani non vi sono problemi, ma se vogliamo che questa situazione permanga col trascorrere degli anni, occorre pensarci per tempo e ciascuno di noi può e deve fare la sua parte quotidianamente.

Qual è il ruolo della tecnologia e della rete in queste nuove sfide?

Direi essenziale. Pensi solo ai dati che devono essere gestiti ed elaborati in maniera sicura. Ci servono server in grado di conservare e proteggere i dati, oltre che risorse di calcolo adeguate per gestirli. In particolare, trattandosi di dati sensibili dei cittadini, l’aspetto della tutela del dato assume un ruolo fondamentale e, proprio per avere il pieno controllo sui nostri dati, ci siamo rivolti a GARR e non ad una cloud commerciale. Al momento stiamo valutando insieme quale possa essere una possibile configurazione del set base del suo servizio cloud.

Non solo, stiamo lavorando ad altri progetti, come ad esempio la creazione di una imaging bank comune tra gli IRCCS, che verrà gestita mediante piattaforme di intelligenza artificiale, con l’obiettivo di ottenere risorse di dati da impiegare per progetti di ricerca osservazionali. Anche qui, si tratta di condividere e gestire moltissimi dati rispettando la privacy del paziente. Per questo, avere a disposizione una rete sicura e affidabile quale quella GARR, diventa un requisito imprescindibile.

Inoltre, il collegamento degli IRCCS alla rete GARR dal 2005 ha aiutato nel tempo a creare una maggiore mentalità a condividere e collaborare, dato che sentiamo l’appartenenza ad un network e ad una vasta comunità scientifica interdisciplinare e sappiamo che possiamo contare su una rete sicura ad altissime prestazioni. Di certo possiamo dire che, dietro la Rete Cardiologica, c’è il supporto di un altro tipo di rete, altrettanto importante, che è quella della ricerca GARR.

credit: Dr. Corrado Carbucicchio, Responsabile U.O. per il Trattamento Intensivo delle Aritmie Ventricolari (VIC) del Monzino
credit: Dr. Corrado Carbucicchio, Responsabile U.O. per il Trattamento Intensivo delle Aritmie Ventricolari (VIC) del Monzino

Immagine 3D ottenuta con tecnologie avanzatissime al Centro Cardiologico Monzino dall’integrazione di una mappa elettro-anatomica, una Tac ad alta risoluzione e un’ecografia intracardiaca. L’immagine guida l’elettrofisiologo nella procedura di ablazione per trattare le aritmie ventricolari

I 20 centri della Rete Cardiologica connessi attraverso la rete della ricerca GARR
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